7 Giugno 2019
Con la circolare n. 49 del 5 aprile 2019, l’INPS ha fornito le istruzioni operative per l’utilizzo, da parte dei figli non conviventi del disabile, del congedo straordinario della durata massima di due anni (ma utilizzabile anche frazionatamente) previsto dall’art. 42, 5° comma, del d.lgs. n. 151 del 2001.
Prima di entrare nel merito delle precisazioni formulate dall’ente previdenziale, si rammenta che la Corte Costituzionale più volte ha avuto occasione di pronunciarsi sul congedo in argomento, estendendo nel corso del tempo il relativo diritto a varie categorie di familiari, fissando un ordine di priorità dei soggetti titolari che, partendo dal coniuge, degrada fino ad altri congiunti.
Segnatamente con la sentenza n. 233/2005 la Corte Costituzionale ha esteso il diritto al congedo (originariamente previsto in favore dei soli genitori del disabile) anche ai fratelli o le sorelle conviventi con il soggetto portatore di handicap; successivamente, con la sentenza n. 158/2007, è stato incluso tra i fruitori del beneficio in esame il coniuge convivente con soggetto affetto da handicap grave; con la sentenza n. 19/2009 il congedo è stato esteso poi ai figli conviventi ed, ancora, con la pronunzia n. 203/2013 ai parenti o affini entro il terzo grado conviventi.
Inoltre, a seguito dell’entrata in vigore della legge 76 del 2016 (c.d. legge “Cirinnà”), il congedo è stato riconosciuto anche dalla parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, per cui la circolare INPS n. 38 del 2017 ha così specificato l’ordine di priorità nel godimento di tale beneficio di legge:
– il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente” della persona disabile in situazione di gravità;
– il padre o la madre, anche adottivi o affidatari, della persona disabile in situazione di gravità, in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti del “coniuge convivente”/della “parte dell’unione civile convivente”;
– uno dei “figli conviventi” della persona disabile in situazione di gravità, nel caso in cui il “coniuge convivente”/ la “parte dell’unione civile convivente” ed entrambi i genitori del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
– uno dei “fratelli o sorelle conviventi” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori” ed i “figli conviventi” del disabile siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti;
– un “parente o affine entro il terzo grado convivente” della persona disabile in situazione di gravità nel caso in cui il “coniuge convivente”/la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti.
Con la sentenza n. 232 del 2018, la Corte Costituzionale ha, infine, dichiarato l’illegittimità dell’art. 42, 5° comma, del d.lgs. n.151 del 2001 nella parte in cui non ha incluso nel novero dei soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio che al momento della presentazione della richiesta ancora non conviva con il genitore affetto da disabilità grave ma che tale convivenza si instauri successivamente.
Con la recente circolare n.49 /2019, l’INPS – recependo tale pronunzia – ha inteso fornire le indicazioni operative per i dipendenti del settore privato che intendano utilizzare il congedo in esame, precisando che il figlio che alla data dell’istanza non conviva con il genitore disabile potrà fruire del beneficio solo in caso di “mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti” di tutti gli altri familiari legittimati.
Pertanto, all’ordine di priorità prima indicato viene ad aggiungersi una 6^ categoria, ovvero quella “dei figli non ancora conviventi con la persona disabile in situazione di gravità, ma che tale convivenza instauri successivamente, nel caso in cui il “coniuge convivente” /la “parte dell’unione civile convivente”, “entrambi i genitori”, i “figli conviventi” e i “fratelli o sorelle conviventi” , i “parenti o affini entro il terzo grado conviventi” siano mancanti, deceduti o affetti da patologie invalidanti”.
L’ente previdenziale ha, altresì, specificato che il richiedente è tenuto a dichiarare, nella domanda, sotto la propria responsabilità ai sensi dell’art. 46 del DPR n. 445/2000, che provvederà ad instaurare la convivenza con il familiare disabile entro l’inizio del periodo del congedo richiesto e per tutta la durata dello stesso.
Spetterà, poi, alle strutture dell’INPS competenti per territorio provvedere all’espletamento dei relativi controlli.