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Il certificato medico telematico non esonera il lavoratore dai suoi obblighi

5 Agosto 2016

La recentissima sentenza della Suprema Corte n. 15226 del 22 luglio 2016 offre l’occasione per tornare sull’argomento dei certificati medici telematici, i quali – come già evidenziato con precedente news – hanno sostituito, a decorrere dal 13 settembre 2011, le precedenti procedure per l’attestazione della malattia, cosicché, da tale data, i datori di lavoro non possono più pretendere dai lavoratori l’invio della copia cartacea del certificato di malattia, ma unicamente ottenere dagli stessi la comunicazione del “numero di protocollo identificativo del certificato inviato per via telematica dal medico” (cfr. circolare congiunta Ministero del Lavoro e Ministero della Funzione Pubblica n. 4/2011).

L’applicazione di tale nuova procedura ha certamente agevolato il personale, snellendo e semplificando gli adempimenti amministrativi da rispettare qualora la prestazione lavorativa sia resa impossibile per motivi di salute.
Talvolta, tuttavia, si è verificata una sostanziale deresponsabilizzazione da parte dei dipendenti, la quale, ad esempio, ha indotto taluni lavoratori a ritenere che la nuova procedura telematica esonerasse il lavoratore anche dall’obbligo di segnalare tempestivamente la malattia al datore di lavoro o di verificare la corretta trasmissione del certificato medico.
Orbene, con la sentenza sopra richiamata, la Suprema Corte ha confermato la decisione n. 336/2014 della Corte d’Appello di Cagliari, la quale ha ritenuto legittimo il licenziamento di un dipendente che era risultato assente ingiustificato dal lavoro dal 30 agosto al 7 settembre 2012, nonostante il dipendente avesse provato che tale assenza doveva intendersi giustificata con un certificato medico telematico rilasciato il 30 agosto 2012, la cui trasmissione telematica tuttavia non era andata a buon fine.

Al riguardo, la Corte d’Appello di Cagliari (non contraddetta dalla Cassazione) ha ritenuto tale giustificazione infondata, osservando che “la previsione della trasmissione informatica del certificato di malattia direttamente dal medico del lavoratore all’Inps esonera unicamente il prestatore dall’obbligo di inviare la certificazione cartacea, ma non da quello, previsto contrattualmente, di avvisare dell’assenza” ovvero di “verificare che la procedura informatica abbia avuto esito regolare”.
La Corte, pertanto, ha qualificato l’assenza del lavoratore come ingiustificata, confermando così il principio secondo cui, nonostante le semplificazioni dovute al progresso tecnologico, il lavoratore rimane il responsabile della corretta giustificazione delle proprie assenze che, ove avvenga mediante certificato medico telematico, deve essere attentamente seguita dal dipendente interessato, al fine di evitare che il datore di lavoro, a causa di irregolarità o malfunzionamenti, subisca un pregiudizio economico o organizzativo.

La medesima sentenza, inoltre, ha valutato negativamente anche la successiva malattia dello stesso lavoratore per il periodo dall’8 al 13 settembre 2012, giustificata retroattivamente da un ulteriore certificato medico rilasciato il 14 settembre 2012, con prognosi retroattiva dall’8 settembre sino a tutto il 30 settembre 2012.
Tale certificazione retroattiva era, ad avviso della Corte, irregolare, “atteso che il medico non può certificare stati patologici non osservati direttamente ma riferiti dal solo paziente”.
Alla luce di tale decisione giurisprudenziale, pertanto, risultano confermate le indicazioni fornite dall’Inps con circ. 147/1996, secondo cui il certificato di malattia non può avere effetto retroattivo, salva la possibilità, ammessa dall’istituto previdenziale in caso di visita domiciliare, “di riconoscere (…) la sussistenza dello stato morboso   anche   per   il giorno immediatamente precedente a quello del  rilascio  della certificazione“.
La violazione di tale principio, come noto, comporta l’impossibilità di indennizzare i giorni di malattia precedenti alla data di rilascio del certificato medico, i quali, peraltro – come confermato dalla sentenza in esame – possono finanche essere considerati come ingiustificati ai fini disciplinari.

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