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I lavoratori in malattia durante lo sciopero

22 Luglio 2011

Come noto, in virtù dei principi fissati dall’art. 2110 del Codice Civile e dall’art.38 della Costituzione, il lavoratore assente per malattia ha diritto a percepire un trattamento economico e/o una prestazione assistenziale per il periodo fissato dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

Secondo una interpretazione giurisprudenziale formatasi negli anni ’80, si poteva legittimamente derogare a tale principio per i lavoratori che, durante lo svolgimento di uno sciopero, fossero assenti per malattia.

In particolare i giudici di legittimità sostenevano che <<nell’ipotesi in cui la prestazione di lavoro, da parte della generalità dei dipendenti dell’impresa, sia mancata per causa non imputabile al datore di lavoro, il diritto alla retribuzione viene meno, ai sensi dell’art. 1463 c.c., anche per quei lavoratori il cui rapporto sia già sospeso per malattia ai sensi dell’art.2110 c.c… Diversamente opinando si riserverebbe ai lavoratori ammalati un trattamento addirittura privilegiato rispetto a quello dei lavoratori in attività di servizio>> (cfr Cass. Sentenza del 13 giugno 1984 n. 3529).

Ed ancora: <<l’impossibilità dell’esecuzione della prestazione da parte del lavoratore, per la mancata cooperazione del datore di lavoro, dovuta a cause a lui non imputabili (nella specie, l’occupazione dell’azienda), comporta il venir meno del diritto alla retribuzione anche nel caso in cui l’anzidetta sospensione del lavoro riguardi un lavoratore il cui rapporto è già sospeso per malattia a norma dell’art. 2110 c.c., atteso che a costui non può competere più di quanto è riconosciuto al lavoratore non ammalato…>> (cfr Cass. Sentenza del 23 aprile 1982 n.2522).

Per quasi un ventennio, dunque, la Suprema Corte ha affermato che quando il datore di lavoro sia impossibilitato a ricevere la prestazione per causa a lui non imputabile, come per l’appunto, accade nell’ipotesi di sciopero o occupazione dell’azienda, viene meno – altresì – il suo obbligo di corrispondere la retribuzione in virtù di quanto sancito dall’art. 1463 c.c., secondo il quale nei contratti a prestazioni corrispettive (come il rapporto di lavoro) l’impossibilità sopravvenuta di una prestazione libera l’altra parte dall’obbligo di corrispondere la propria.

Pertanto, secondo tale interpretazione giurisprudenziale, posto che durante uno sciopero, al quale abbia aderito la generalità dei lavoratori (ovvero la stragrande maggioranza del personale dipendente, con conseguente inutilizzabilità del personale residuo non scioperante), il datore di lavoro non riceve la prestazione lavorativa, lo stesso – per le giornate interessate allo sciopero – non è tenuto al pagamento delle retribuzioni né dei lavoratori non scioperanti, nè dei lavoratori ammalati, posto che – in ogni caso – a seguito alla proclamazione dello sciopero il datore di lavoro non avrebbe potuto utilizzare la loro prestazione neppure ove fossero stati presenti.

Riservare un diverso trattamento ai dipendenti ammalati, avrebbe significato, secondo i giudici di legittimità, realizzare una ingiusta discriminazione tra i lavoratori.

Senonchè con la sentenza n. 3691 del 9 aprile 1998, confermata di recente dalla sentenza n. 13256 del 31 maggio 2010, la Corte di Cassazione, si è discostata da tale orientamento, affermando che il lavoratore assente per malattia, durante un periodo di sciopero, ha comunque diritto a ricevere la retribuzione.

Le ragioni su cui si fondano le citate sentenze si concretano nella considerazione che la speciale disciplina dettata dall’art. 2110 c.c., il quale prevede una particolare tutela assistenziale nei confronti dei lavoratori che per motivi di salute non riescano a rendere la loro prestazione lavorativa, riguarda esclusivamente il rapporto tra datore di lavoro e singolo lavoratore per cui le vicende relative agli altri dipendenti non possono influirvi.

Segnatamente, secondo i giudici di legittimità, il rischio della mancata prestazione si trasferisce, nell’ipotesi di malattia, per evidenti ragioni di carattere sociale, sul datore di lavoro il quale resta comunque obbligato a corrispondere la retribuzione: con la conseguenza che lo stesso non può considerarsene esentato neppure nel caso in cui uno sciopero abbia paralizzato completamente l’attività produttiva.

In sostanza si ritiene più aderente al dettato costituzionale di cui all’art. 38 Cost. l’interpretazione che privilegia la tutela del lavoratore che si trovi in malattia anche quando – contestualmente – si verifichi una impossibilità per l’imprenditore di ricevere la prestazione a causa di un motivo del tutto estraneo al rapporto tra datore di lavoro e singolo prestatore.

Nel caso giudicato dalla Suprema Corte con la sentenza n.13256/2010, i giudici hanno attribuito rilievo anche alla circostanza che i lavoratori assenti per malattia non avessero neppure manifestato la loro adesione allo stesso.

Ciò nondimeno, tale eventualità non può costituire un discrimine al fine di valutare se riconoscere o meno la retribuzione ad un dipendente malato durante lo sciopero, in quanto i lavoratori non sono obbligati a manifestare la preventiva adesione allo sciopero, né il datore di lavoro può obbligarli a comunicare, con un termine di preavviso, lo loro partecipazione o meno.

Infine, sostengono i giudici della Suprema Corte, <<nè potrebbe ritenersi che vi sia un irragionevole trattamento difforme tra il lavoratore ammalato e quello sano, che pur non avendo scioperato, non sia stato peraltro retribuito per l’intervenuto blocco della produzione: nel primo caso, si è infatti in presenza di un soggetto originariamente impossibilitato ad adempiere, mentre nel secondo il lavoratore, pronto ad adempiere e posto dinanzi ad un’alternativa, esprime un’opzione che è pur sempre interna alla dinamica delle relazioni di lavoro e che…si inserisce in una dimensione nella quale entrano in tensione altri valori di ordine costituzionale>> (Cass. Sentenza n. 3691/98).

In definitiva, una volta sancito “il sacrifico” patrimoniale del datore di lavoro in presenza di uno stato di malattia del lavoratore (sempre che lo stesso sia veritiero e non si voglia contestare la simulazione di malattia) l’impossibilità della cooperazione creditoria (per sciopero o occupazione aziendale) non può condurre ad una sua alterazione e, quindi, ad un ribaltamento delle tutele sancite dal legislatore.

 

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