12 Ottobre 2016
Lo scorso 28 settembre 2016, il Ministro del Lavoro e le Parti Sociali hanno sottoscritto una importante intesa per l’introduzione di misure in favore dei percettori di trattamenti pensionistici.
L’accordo costituisce il primo protocollo sindacale sottoscritto al livello confederale dal Governo Renzi sin dal suo insediamento e, peraltro, il primo dopo lungo tempo a trattare argomenti macroeconomici e sociali.
Si tratta, pertanto, di un importante segnale di reciproca legittimazione tra le Istituzioni ed il mondo sindacale, che si auspica possa mutare il trend di diffidenza e di contrasto cui si è assistito negli ultimi anni.
Anche nel merito, inoltre, l’intesa presenta numerosi punti di interesse e, peraltro, presuppone la prosecuzione degli incontri tra le parti, prevedendo interventi che saranno adottati con la prossima legge di Stabilità (FASE I), ed altri invece che saranno emanati successivamente, previo ulteriore confronto con le organizzazioni sindacali (FASE II).
In particolare, con la prossima legge di Stabilità (FASE I), il Governo si è impegnato innanzitutto ad ampliare la platea di percettori di pensione che saranno esclusi dal pagamento dell’IRPEF, uniformando la c.d. no tax area a quella vigente per i lavoratori dipendenti.
È previsto, inoltre, un aumento dei trattamenti pensionistici di importo più basso, tramite un intervento sulla somma aggiuntiva (la cosiddetta “quattordicesima mensilità”) teso sia ad aumentare gli importi corrisposti, sia ad estendere la platea dei beneficiari.
L’esecutivo si è anche impegnato ad implementare sistemi di cumulo dei periodi contributivi che sia gratuito per il contribuente nonché a favorire il pensionamento da parte dei lavoratori precoci eliminando le penalizzazioni oggi presenti per coloro che intendano accedere ad un trattamento di vecchiaia prima del 62° anno di età.
Nella medesime direzione, inoltre, vanno le pattuizioni del Governo e delle Parti Sociali riguardanti l’introduzione, sin dalla FASE I, di nuove e migliori condizioni per i dipendenti addetti a lavoro usuranti e l’implementazione di forme di sostegno all’uscita flessibile dal mercato del lavoro meglio note con gli acronimi APE (anticipo pensionistico) e RITA (rendita integrativa temporanea anticipata).
In estrema sintesi, l’APE costituisce un prestito erogato da una banca privata in favore del pensionando (con età anagrafica pari o superiore ai 63 anni e che maturi entro 3 anni e 7 mesi il diritto a una pensione di vecchiaia) per tutto il periodo che intercorre tra l’anticipo e la maturazione del trattamento pensionistico. Una volta raggiunti i requisiti per la pensione, è previsto che cessi il prestito e che inizi l’erogazione del trattamento previdenziale sul quale sarà applicata una trattenuta al fine di rimborsare il finanziamento in venti anni.
Con il termine RITA, invece, si intende una rendita temporanea destinata a consentire al lavoratore in possesso dei requisiti per accedere all’APE e che abbia aderito alla previdenza complementare di incassare parte della pensione integrativa in via anticipata per ridurre l’impatto dell’APE, contando peraltro su una tassazione di vantaggio.
Il Governo, inoltre, si è altresì impegnato già con la prossima legge di Stabilità a definire strumenti di incentivazione fiscale finalizzati ad agevolare l’utilizzo volontario del TFR accantonato presso l’impresa o di contributi aggiuntivi per accedere alle prestazione anticipate di previdenza complementare.
Ambiziosi, ma anche necessariamente generici, sono gli obiettivi della FASE II, durante la quale Governo e OO.SS. proseguiranno il confronto per la definizione di ulteriori misure di riforma del sistema di calcolo contributivo, per renderlo più equo e flessibile, per affrontare il tema dell’adeguatezza delle pensioni dei giovani lavoratori con redditi bassi e discontinui, per favorire lo sviluppo del risparmio nella previdenza integrativa, mantenendo la sostenibilità finanziaria e il corretto rapporto tra generazioni insiti nel metodo contributivo.