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Effetti del licenziamento verbale

6 Febbraio 2015

La l. n.92 del 2012 (Riforma Fornero)  ha conferito al giudice che accerti l’inefficacia del licenziamento comunicato verbalmente al lavoratore il potere di reintegrare il dipendente a prescindere dal numero dei dipendenti occupati nell’impresa e di condannare, altresì, il datore di lavoro al risarcimento del danno.
Infatti, salvo che per alcune tassative categorie di lavoratori, il recesso comunicato in forma orale (o comunque univocamente manifestato per fatti concludenti) non produce nessun effetto e non è idoneo di per sé ad interrompere il rapporto lavorativo, con la conseguenza che continua a sussistere in capo al datore di lavoro l’onere di retribuire il dipendente.

In passato, ferma restando l’inefficacia del recesso datoriale intimato senza il rispetto della forma scritta e la conseguente prosecuzione del rapporto lavorativo, erano previsti due diversi regimi risarcitori per le retribuzioni perse dal lavoratore a causa del licenziamento verbale, calcolati in base al numero dei dipendenti impiegati; se superiore a quindici lavoratori, si applicavano le indennità previste dall’art.18 dello Statuto dei Lavoratori per la tutela reale, se inferiore, si applicavano le regole di diritto comune sull’inadempimento delle obbligazioni (e, pertanto, il datore di lavoro veniva condannato a corrispondere le retribuzioni perdute al dipendente a titolo di ristoro del danno causatogli dal licenziamento inefficace).
La riforma in esame ha disposto che, a prescindere dal numero di lavoratori presenti in azienda, oltre alla reintegrazione, al dipendente licenziato in forma orale spetta il risarcimento del danno commisurato all’ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento a quello dell’effettiva reintegra, da cui andrà detratto esclusivamente quanto percepito dal dipendente per lo svolgimento di altre attività lavorative (c.d. “aliunde perceptum”) e non quanto il lavoratore avrebbe potuto percepire se si fosse dedicato alla ricerca di una nuova attività lavorativa (c.d. “aliunde percipiendum”), ferma restando la condanna del datore di lavoro al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali per tale periodo.

In ogni caso, il predetto importo non potrà essere inferiore a cinque mensilità della retribuzione globale di fatto, con la facoltà per il dipendente licenziato verbalmente di richiedere ulteriori quindici mensilità della retribuzione in sostituzione della reintegra.
Ciò posto, si evidenzia che è ancora possibile licenziare in forma orale alcune categorie di dipendenti: i lavoratori in prova; i lavoratori in possesso dei requisiti pensionistici che non abbiano optato per la prosecuzione del rapporto; i lavoratori domestici; gli atleti professionisti.
Inoltre, si segnala un orientamento giurisprudenziale che ritiene possibile per il datore di lavoro licenziare oralmente anche i dipendenti avviati obbligatoriamente ed assunti in prova, i lavoratori assunti con contratto di formazione e lavoro e i lavoratori subordinati a domicilio.

È opportuno comunque ricordare che il lavoratore licenziato in forma orale potrà impugnare il licenziamento in qualunque momento, non essendo soggetto alla decadenza dei canonici sessanta giorni dalla comunicazione del recesso espressamente riservata dalla legge 604/1966 al licenziamento scritto.
Tale orientamento è condiviso dalla giurisprudenza maggioritaria e dal Ministero del Lavoro il quale, con l’interpello n.12 del 25 marzo 2014, ha specificato che il termine di decadenza di sessanta giorni è necessariamente ed esclusivamente riferito ad un licenziamento intimato in forma scritta.

Per quanto sopra, si evidenzia che, salvo per alcune categorie di lavoratori, licenziare in forma orale un dipendente espone il datore di lavoro al verosimile rischio che il giudice possa disporre la reintegrazione del dipendente con gli annessi oneri risarcitori.
Inoltre, non incombendo alcuna decadenza in capo al lavoratore per l’impugnazione del recesso, il datore di lavoro non potrà fare affidamento sulla validità di un licenziamento verbale, potendo intervenire in qualunque momento una dichiarazione di inefficacia da parte del giudice.
Ed è per questi motivi, attesa l’assenza di modifiche alla disciplina sopraesposta da parte della nuova riforma del mercato del lavoro (Jobs Act), che è preferibile per il datore di lavoro intimare il licenziamento, o comunque convalidare le dimissioni del lavoratore, esclusivamente in forma scritta.

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