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Dimissioni della lavoratrice madre nuovi orientamenti giurisprudenziali

22 Agosto 2014

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 4919 del 3 marzo 2014 ha statuito che, nel caso di dimissioni volontarie presentate nel periodo in cui opera il divieto di licenziamento ai sensi dell’art. 54 del d.lgs. n. 151/2001, la lavoratrice ha diritto alle indennità previste per le ipotesi di licenziamento (ergo all’indennità sostitutiva di preavviso) così come previsto dall’art. 55 del citato decreto indipendentemente dal motivo delle dimissioni e, quindi, anche nell’ipotesi in cui le stesse siano preordinate all’assunzione della lavoratrice alle dipendenze da altro datore di lavoro.

Tale sentenza comporta il ribaltamento di un precedente e consolidato orientamento giurisprudenziale in virtù del quale l’indennità sostituiva di preavviso non si riteneva, invece, dovuta alla lavoratrice madre dimissionaria qualora la stessa avesse iniziato, subito dopo le dimissioni, un altro lavoro (cfr ex multis Cass. Sentenza n.10994/2000).
Per comprendere la ratio di tale orientamento va rammentato che il diritto della lavoratrice madre all’indennità sostituiva di preavviso si fonda sulla presunzione che le sue dimissioni siano, invero, motivate dalla necessità di occuparsi esclusivamente del bambino.
Di conseguenza, fino all’emanazione della succitata pronunzia n. 4919/2014, i giudici di legittimità hanno ritenuto che, allorquando il datore di lavoro sia in grado di dimostrare che la lavoratrice abbia intrapreso un nuovo lavoro, viene meno la ragione per riparare la lavoratrice da un pregiudizio che, in realtà, non si verifica in quanto è evidente che la scelta della risoluzione del rapporto di lavoro può essere determinata, non necessariamente dalla esigenze di dedicarsi completamente alle cure del figlio, ma – per esempio – dall’individuazione di un lavoro maggiormente redditizio.

Tale ratio trova conferma nella circostanza che, anche in passato, i giudici di legittimità hanno ritenuto sussistente il diritto all’indennità sostitutiva di preavviso pure nel caso in cui la lavoratrice dimissionaria intraprendesse una nuova attività, nel caso – tuttavia – quest’ultima fosse meno vantaggiosa della precedente.
Con la nuova pronuncia (discutibilmente) la Corte di Cassazione ha invece stabilito tout court che la disposizione normativa di cui all’art. 55 del d.lgs. n.151/2001 – nel disciplinare il diritto della lavoratrice madre all’indennità sostituiva di preavviso in caso di dimissioni – è perentoria e non ammette eccezioni, con la conseguenza che l’obbligo del datore di lavoro di corrispondere quanto dovuto non appare derogabile in alcuna situazione, neppure nell’ipotesi in cui le dimissioni stesse risultino predeterminate da una nuova assunzione (e, pertanto, finalizzate alla stessa).
Tale decisione non appare, invero, condivisibile, perche si pone in evidente contrasto con le motivazione su cui si fonda la previsione normativa di cui al citato art. 55.

Infatti i giudici della Suprema Corte, pur continuando a sostenere che la norma de qua riposi sul principio della presunzione di non spontaneità delle dimissioni, tuttavia non ammettono che tale presunzione possa essere superata quando, per l’appunto, le dimissioni siano obiettivamente ed inequivocabilmente dovute ad altre motivazioni diverse dalla necessità di dedicarsi al bambino.
In definitiva tale opzione interpretativa risulta oltre modo gravosa per il datore di lavoro, nel senso che lo stesso, non solo subisce un inevitabile pregiudizio dalle dimissioni improvvise che determinano la necessità di organizzare – senza  il necessario preavviso – la sostituzione della lavoratrice, ma risulta onerato anche dal punto di vista economico dovendo, in un certo senso, risarcire un danno alla lavoratrice (che si presume derivante dalla mancanza di un reddito da attività lavorativa) anche quando tale danno obiettivamente non sussiste essendo la lavoratrice divenuta titolare di un rapporto di lavoro finanche più conveniente e redditizio.

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