24 Ottobre 2014
La recente giurisprudenza della Corte di Cassazione ha trattato con la pronuncia n. 18462 del 29 agosto 2014 la possibilità per il datore di lavoro, in occasioni di particolari infrazioni commesse dal lavoratore, di procedere all’avvio di procedimenti disciplinari senza che sia stata predisposta l’obbligatoria pubblicità delle norme disciplinari di cui all’art. 7 della legge 300/1970.
Al proposito, si rammenta, infatti, che la citata disposizione prevede che “Le norme disciplinari relative alle sanzioni, alle infrazioni in relazione alle quali ciascuna di esse può essere applicata ed alle procedure di contestazione delle stesse, devono essere portate a conoscenza dei lavoratori mediante affissione in luogo accessibile a tutti”.
Nel caso di specie, la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi su un provvedimento di sospensione disciplinare comminato ad un lavoratore che non aveva rispettato l’orario di lavoro; la Corte d’Appello, confermando la legittimità della sanzione (ritenendo peraltro provata in altri giudizi la pubblicità del codice disciplinare) ha affermato che “l’inosservanza dell’orario di lavoro non richiederebbe neppure l’affissione del codice disciplinare in quanto riguarderebbe lo stesso rapporto sinallagmatico delle prestazioni delle parti”.
Il lavoratore soccombente in appello ha proposto ricorso in Cassazione lamentando (tra gli altri motivi di impugnazione) la necessità che l’inosservanza dell’orario di lavoro sia, invece, adeguatamente inclusa nel codice disciplinare e debitamente portata a conoscenza dei lavoratori.
Gli ermellini, nel confermare quanto sostenuto dai giudici di merito, sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale, hanno espresso il principio secondo il quale “in tutti i casi nei quali il comportamento sanzionabile sia immediatamente percepibile dal lavoratore come illecito, perché contrario al c.d. minimo etico o a norme di rilevanza penale, non sia necessario provvedere alla affissione del codice disciplinare, in quanto il lavoratore ben può rendersi conto, anche al di là di una analitica predeterminazione dei comportamenti vietati e delle relative sanzioni da parte del codice disciplinare, della illiceità della propria condotta” (cfr. Cass. n. 5115 del 30 marzo 2012).
Nel caso in esame la condotta tenuta dal lavoratore, sebbene non avesse rilevanza penale, era idonea a ledere il normale rapporto obbligatorio sinallagmatico nato in virtù della stipulazione di un qualsiasi contratto di diritto privato e, pertanto, il lavoratore ben avrebbe potuto rendersi conto che la violazione dell’orario di inizio del turno lavorativo poteva comportare l’adozione dei provvedimenti disciplinari del caso, al di là della sua previsione o meno nel codice disciplinare affisso.
In conclusione, ferma restando la necessità che le norme comportamentali siano adeguatamente affisse nei luoghi di lavoro, i datori di lavoro saranno comunque legittimati ad adottare i previsti provvedimenti disciplinari anche in tutte quelle ipotesi che, benché non incluse nei regolamenti interni, costituiscono condotte di per sé, immediatamente rilevabili come contrarie agli obblighi contrattuali, a doveri etici o a norme penali.