10 Maggio 2023
La direttiva comunitaria n. 2019/1152, attuata dall’Italia con il “Decreto Trasparenza”, ha comportato un importante aggravio nelle comunicazioni tra il datore di lavoro e il lavoratore al momento dell’assunzione e non solo.
Come evidenziato nelle precedenti news (1 e 2), infatti, se da un lato è certamente apprezzabile il principio secondo cui il lavoratore deve essere messo a conoscenza di quante più informazioni possibili in merito al proprio rapporto di lavoro, dall’altra un flusso così corposo di informazioni potrebbe rendere il documento meno efficace e fruibile da un soggetto che, è sempre bene ricordare, non è un tecnico.
Le informazioni che devono effettivamente essere comunicate al personale, ai sensi dell’art. 1 d.lgs. 152/97 come modificato dal “Decreto Trasparenza”, sono ben 17 (!), molte delle quali sono effettivamente inserite all’interno della legge (che, una volta conosciuti gli estremi, è di agevole consultazione attraverso i siti istituzionali) o della contrattazione collettiva nazionale.
Proprio per questo motivo, il Governo ha individuato (all’art. 26 del d.l. 48/23) alcune di queste informazioni e ha previsto la possibilità di limitarsi ad indicare il loro riferimento normativo e contrattuale, e nello specifico:
– durata del periodo di prova;
– formazione erogata dal datore di lavoro;
– ferie e permessi retribuiti;
– termini e modalità di preavviso per dimissioni e licenziamento;
– importo della retribuzione, componenti e modalità di pagamento;
– programmazione dell’orario di lavoro e le modalità di straordinario;
– programmazione dell’orario di lavoro in caso di attività non prevedibili;
– tutele previdenziali ed enti preposti.
Tra l’altro, questa formulazione appare finanche più coerente con il testo della citata direttiva comunitaria, la quale, all’art. 4, c. 3, prevede che la maggior parte delle informazioni «…possono, se del caso, essere fornite sotto forma di un riferimento alle disposizioni legislative, regolamentari, amministrative o statutarie o ai contratti collettivi che disciplinano tali punti».
Di contro, altre rilevanti informazioni, tra le quali l’identità delle parti, il luogo di lavoro, il livello di inquadramento e proprio il contratto collettivo applicato, dovranno continuare ad essere inserite all’interno dell’informativa.
Allo scopo di rendere possibile tale semplificazione, il nuovo decreto prevede inoltre la necessità di «consegnare o a mettere a disposizione del personale, anche mediante pubblicazione sul sito web, i contratti collettivi nazionali, territoriali e aziendali, nonché gli eventuali regolamenti aziendali applicabili al rapporto di lavoro».
Il combinato disposto delle disposizioni in esame, da un lato, agevolerà l’adempimento degli obblighi del datore di lavoro e, dall’altro, renderà più certe e fruibili le informazioni fornite al lavoratore, il quale viene messo nelle condizioni di approfondire gli aspetti della regolamentazione della propria attività lavorativa che più gli interessano, senza incertezze circa la sua corretta individuazione.