9 Giugno 2020
Con messaggio n. 2261 del 1° giugno 2020, l’Inps si è pronunciato sul diritto alla Naspi dei lavoratori destinatari di provvedimenti di licenziamento assunti dai datori di lavoro in violazione al vigente divieto introdotto dal Decreto Cura Italia.
Come noto, l’articolo 46 del citato decreto ha precluso la possibilità, (inizialmente) per 60 giorni a decorrere dalla data del 17 marzo 2020 e fino al 16 maggio 2020, di procedere all’avvio di procedure di licenziamento collettivo o di licenziamento per giustificato motivo oggettivo (sospendendo, altresì, le procedure in corso a quella data).
Successivamente, il Decreto Rilancio – intervenendo direttamente sull’art. 46 del d.l. n. 18/2020 – ha esteso il predetto divieto, portandolo da 60 giorni a 5 mesi, sempre decorrenti dal 17 marzo.
Tuttavia, come noto, a causa del ritardo nella pubblicazione, il Decreto Rilancio è entrato in vigore solo il 19 maggio 2020, mentre i 60 giorni di iniziale durata del divieto previsti dal Cura Italia sono scaduti il 16 maggio.
Vi è stato, pertanto, un lasso temporale di due giorni (17 e 18 maggio) durante i quali non era vigente alcun divieto e nei quali potrebbero, pertanto, essere stati adottati licenziamenti per ragioni economiche, sulla legittimità dei quali saranno – evidentemente – chiamati a pronunciarsi i giudici.
Sia per tale peculiare ipotesi, sia per quella in cui siano stati eventualmente adottati licenziamenti per ragioni economiche in spregio al divieto, l’Inps ha confermato il diritto dei lavoratori all’indennità di disoccupazione NASpI, così da evitare ripercussioni sulla parte debole del rapporto.
Tale erogazione a favore dei lavoratori licenziati per giustificato motivo oggettivo in questo periodo sarà, tuttavia, effettuata da parte dell’Istituto con riserva di ripetizione di quanto erogato nella ipotesi in cui il lavoratore medesimo, a seguito di contenzioso giudiziale o stragiudiziale, sia reintegrato nel posto di lavoro.
In tale ipotesi, il lavoratore sarà tenuto a comunicare all’INPS, attraverso il modello NASpI-Com, l’esito del contenzioso medesimo ai fini della restituzione di quanto erogato e non dovuto per effetto del licenziamento illegittimo che ha dato luogo al pagamento dell’indennità di disoccupazione.
Inoltre, potrebbe anche verificarsi l’ipotesi in cui il datore di lavoro revochi il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, chiedendo contestualmente per il lavoratore riassunto il trattamento di cassa integrazione salariale a partire dalla data di efficacia del precedente licenziamento, ai sensi di quanto previsto dal comma 1-bis dell’articolo 46 del decreto-legge n. 18 del 2020.
Il predetto comma 1 bis prevede, infatti, che “Il datore di lavoro che, indipendentemente dal numero dei dipendenti, nel periodo dal 23 febbraio 2020 al 17 marzo 2020 abbia proceduto al recesso del contratto di lavoro per giustificato motivo oggettivo ai sensi dell’articolo 3 della legge 15 luglio 1966, n. 604, può, in deroga alle previsioni di cui all’articolo 18, comma 10, della legge 20 maggio 1970, n. 300, revocare in ogni tempo il recesso purché contestualmente faccia richiesta del trattamento di cassa integrazione salariale, di cui agli articoli da 19 a 22, a partire dalla data in cui ha efficacia il licenziamento. In tal caso, il rapporto di lavoro si intende ripristinato senza soluzione di continuità, senza oneri né sanzioni per il datore di lavoro“.
Anche in tale ipotesi, secondo quanto chiarito dall’Inps nel messaggio in commento, quanto eventualmente già erogato a titolo di indennità NASpI sarà oggetto di recupero da parte dell’Istituto, in considerazione della tutela della cassa integrazione che verrà riconosciuta al lavoratore.
Download Coronavirus- diritto alla Naspi per i lavoratori licenziati durante la vigenza del divieto