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Contratto part time e assenza di forma scritta: il rapporto di lavoro deve considerarsi full time.

2 Agosto 2019

Con recente sentenza n. 14797 del 30 maggio 2019, la Corte di Cassazione torna ad occuparsi del contratto part time e, più precisamente, delle conseguenze derivanti dalla violazione dell’obbligo di forma scritta prevista ad substantiam.

La questione posta all’attenzione della Suprema Corte riguarda la richiesta di una lavoratrice volta ad ottenere una retribuzione parametrata ad un orario full time in ragione del difetto di prova scritta del rapporto a tempo parziale.

La Corte territoriale, infatti, aveva accertato come tra le parti fosse intercorso, dapprima, un rapporto di lavoro a tempo pieno ed in seguito plurimi rapporti part time, tutti caratterizzati dall’assenza di prova scritta.

Sul punto, i Giudici di merito ritenevano che, nel caso di specie, la lavoratrice avesse diritto unicamente alle retribuzioni proporzionate alle prestazioni in concreto eseguite di cui avesse fornito prova, ai sensi dell’art. 2126 c.c., trovando applicazione la normativa in materia di lavoro straordinario.

La Suprema Corte, invece, a fronte della doglianza avanzata dalla lavoratrice, ha precisato che l’arresto giurisprudenziale cui è giunta la Corte di Appello deve ormai ritenersi espressamente superato alla luce delle pronunce della Corte costituzionale n. 210 del 1992 e n. 283 del 2005.

Osserva il Collegio, infatti, che l’art. 2126 c.c. ha sempre trovato applicazione rispetto ad ipotesi in cui la nullità del contratto derivi dalla contrarietà a norme imperative riguardanti il fatto stesso della costituzione e dell’esistenza del rapporto e non anche ad ipotesi di difformità tra la disciplina del rapporto pattuita dalle parti rispetto a quella dettata dalla legge o dalla contrattazione collettiva.

In ragione di ciò, la Corte esclude che si possa verificare – secondo quanto disposto dall’art. 1419, 1° comma, c. c. – l’estensione della nullità all’intero contratto in caso di nullità della clausola di riduzione e distribuzione dell’orario di lavoro che dia al datore il potere di variare liberamente e unilateralmente la collocazione temporale della prestazione lavorativa.

La Corte, citando la precedente sentenza n. 24476/2011, sottolinea che “la nullità della clausola sul tempo parziale, per difetto di forma scritta, anche sulla scorta delle indicazioni offerte con la sentenza della Corte costituzionale n. 283 del 2005, non implica…l’invalidità dell’intero contratto…e comporta, per il principio generale di conservazione del negozio giuridico colpito da nullità parziale, che il rapporto di lavoro deve considerarsi a tempo pieno”.

Ed infatti, la Corte costituzionale aveva ritenuto ammissibile un’interpretazione costituzionalmente orientata, secondo la quale la nullità per vizio di forma della clausola sulla riduzione dell’orario di lavoro non risulta idonea a travolgere integralmente il contratto, ma determina “la qualificazione del rapporto come normale rapporto di lavoro, in ragione dell’inefficacia della pattuizione relativa alla scelta del tipo contrattuale speciale”.

Ne consegue, pertanto, che il lavoratore avrà diritto alla retribuzione parametrata ad un orario a tempo pieno, purché abbia preventivamente messo in mora il datore di lavoro offrendo espressamente l’esecuzione della prestazione full time nelle forme di cui all’art. 1217 c.c.

In merito a ciò, la Corte ha chiarito che l’obbligazione retributiva costituisce il corrispettivo della prestazione di lavoro e, pertanto, qualora nonostante l’offerta, la prestazione manchi per causa imputabile al datore di lavoro, il lavoratore potrà ottenere il risarcimento del danno subito a causa dell’impossibilità della prestazione cagionata dal rifiuto ingiustificato del datore di lavoro.

Sulla scorta dei richiamati principi, pertanto, nel caso di nullità del contratto part time per difetto del requisito di forma prescritto dalla legge, deve ritenersi costituito un ordinario rapporto di lavoro full time, e il lavoratore che abbia preventivamente offerto l’esecuzione della prestazione avrà diritto al risarcimento del danno commisurato alle differenze retributive rispetto all’orario a tempo pieno non svolto per motivo a lui non imputabile.

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