11 Marzo 2016
I contratti di prossimità non possono incidere, modificandolo in pejus, sull’importo della retribuzione imponibile minima ai fini previdenziali stabilito dal ccnl applicato.
È questa, in buona sostanza, la portata del principio recentemente affermato dal Ministero del Lavoro con la risposta all’interpello formulato dall’Associazione Nazionale dei Consulenti del Lavoro in merito alla corretta interpretazione dell’art. 8 del D.L. 138/11 concernente il sostegno alla contrattazione collettiva di prossimità.
Con il suddetto interpello l’Ancl si è rivolta al Ministero per conoscere se i livelli retributivi fissati dai contratti di prossimità siglati a livello territoriale o aziendale, derogando a norme di legge o di contratto di collettivo, possano considerarsi idonei a costituire base imponibile ai fini previdenziali anche in deroga ai minimali contributivi previsti dall’art. 1 del D.L. n. 338/89.
La suddetta disposizione prevede, infatti, che “la retribuzione da assumere come base per il calcolo dei contributi di previdenza e di assistenza sociale non può essere inferiore all’importo delle retribuzioni stabilito da leggi, regolamenti, contratti collettivi, stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale, ovvero da accordi collettivi o contratti individuali, qualora ne derivi una retribuzione di importo superiore a quello previsto dal contratto collettivo”.
Pertanto, proprio in considerazione di quanto previsto dalla succitata disposizione, è apparso di particolare interesse chiarire se mediante accordi di prossimità sia possibile prevedere l’ulteriore diminuzione di tale soglia minima.
Il Ministero del Lavoro ha risposto negativamente a tale quesito muovendo proprio dal dato letterale del citato art. 8 del D.L. n. 138/2011 il quale – oltre a non annoverare il trattamento retributivo minimo tra le materie che possono essere oggetto di una disciplina derogatoria (rispetto al quale opererebbe comunque il limite inderogabile dettato dall’art. 36 della Cost.) – “non prevede tra i possibili contenuti delle specifiche intese aziendali o territoriali la determinazione dell’imponibile contributivo”.
Peraltro, sempre secondo il Ministero le intese raggiunte con gli accordi di prossimità sarebbero idonee ad esplicare effetti unicamente tra le parti dell’accordo stesso (ovverosia datore di lavoro e lavoratore) e non anche nei confronti dei terzi soggetti creditori della contribuzione (quali appunto gli istituti previdenziali).
Infine, con un secondo interrogativo è stato chiesto se il rispetto di un contratto di prossimità (che di fatto deroga al ccnl) possa essere considerato quale condizione necessaria e sufficiente per consentire l’accesso alle agevolazioni contributive e normative previste per legge.
In merito, il Ministero, richiamando l’art. 1, comma 1175, della L. n. 296/06 che ai fini della fruizione dei suddetti benefici richiede non solo il possesso del DURC e l’osservanza degli accordi collettivi ma anche il rispetto “degli altri obblighi di legge” conclude affermando che qualora non si rispettino gli obblighi relativi alla determinazione della retribuzione imponibile previsti per legge – rispetto ai quali dunque non vi può essere possibilità di deroga mediante accordo di prossimità – “sarà evidentemente negata anche la fruizione dei benefici normativi e contributi”.