24 Dicembre 2019
Con la recentissima risoluzione n. 108 del 23 dicembre 2019, l’Agenzia delle Entrate è intervenuta per fornire chiarimenti in ordine al cd. reverse charge, introdotto dal decreto legge 124/2019, illustrando la disciplina applicabile a partire dal 1° gennaio 2020 alla luce delle modifiche previste dalla legge di conversione del medesimo decreto (approvata dal Parlamento in via definitiva e tuttora in attesa di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale).
Come noto, il testo originario del decreto (formalmente ancora in vigore), prevedendo l’obbligo per i committenti di versare le ritenute fiscali in sostituzione degli appaltatori, aveva generato scompiglio tra gli operatori economici, comportando enormi aggravi organizzativi.
La nuova formulazione, invece, ha mitigato gli effetti (comunque pervasivi) della novella legislativa, introducendo a carico dei committenti di opere o servizi di importo complessivo annuo superiore a 200.000 euro, “tramite contratti di appalto, subappalto, affidamento a soggetti consorziati o rapporti negoziali comunque denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con l’utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma”, l’obbligo di richiedere copia delle deleghe di pagamento relative al versamento delle ritenute su redditi da lavoro dipendente o assimilato “trattenute dall’impresa appaltatrice o affidataria e dalle imprese subappaltatrici ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione dell’opera o del servizio”.
Mediante la legge di conversione, pertanto, il Legislatore ha inteso innanzitutto limitare il campo d’azione del reverse charge, prevedendo in particolare che tale regime non si applichi qualora:
· il valore annuo dell’appalto non superi l’importo di 200.000 euro;
· l’affidamento di opere o servizi in appalto non preveda un prevalente utilizzo di manodopera;
· il personale impiegato non svolga prestazioni lavorative presso le sedi del committente;
· i beni strumentali non siano messi a disposizione dal committente.
Il reverse charge, inoltre, non si applica qualora le imprese appaltatrici o subappaltatrici comunichino al committente, allegando la relativa certificazione rilasciata dall’Agenzia delle Entrate (che ha valore per i successivi 4 mesi), la sussistenza, nell’ultimo giorno del mese precedente a quello di scadenza delle ritenute, dei seguenti requisiti:
a) risultino in attività da almeno tre anni, siano in regola con gli obblighi dichiarativi e abbiano eseguito nel corso dei periodi d’imposta cui si riferiscono le dichiarazioni dei redditi presentate nell’ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto fiscale per un importo non inferiore al 10% dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti dalle dichiarazioni medesime;
b) non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti della riscossione relativi alle imposte sui redditi, all’imposta regionale sulle attività produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali per importi superiori ad euro 50.000, per i quali i termini di pagamento siano scaduti e siano ancora dovuti pagamenti o non siano in essere provvedimenti di sospensione.
Inoltre, anche per le operazioni rientranti nel campo d’applicazione della norma, sono stati attenuati gli oneri a carico dei committenti.
Ed infatti, il versamento delle ritenute sui redditi da lavoro dipendente o assimilati, a differenza della precedente versione, dovrà essere effettuato non dal committente, bensì dall’impresa appaltatrice o subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente, senza possibilità di compensazione.
Il committente, invece, sarà tenuto – come d’altronde avveniva in passato, prima delle semplificazioni fiscali di cui al d.lgs. 175/2014 – a verificare la corretta effettuazione delle trattenute da parte dell’appaltatore e dei subappaltatori.
A tal fine, gli appaltatori ed i subappaltatori, entro i cinque giorni lavorativi successivi alla scadenza del pagamento delle ritenute (e cioè il giorno 16 del mese successivo), dovranno trasmettere al committente – eventualmente, utilizzando le modalità semplificate che potranno essere individuate dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate – un elenco nominativo di tutti i lavoratori, identificati mediante codice fiscale, impiegati nel mese precedente direttamente nell’esecuzione di opere o servizi affidati dal committente, con il dettaglio delle ore di lavoro prestate da ciascun percipiente in esecuzione dell’opera o del servizio affidato, l’ammontare della retribuzione corrisposta al dipendente collegata a tale prestazione e il dettaglio delle ritenute fiscali eseguite nel mese precedente nei confronti di tale lavoratore, con separata indicazione di quelle relative alla prestazione affidata dal committente.
Nel caso in cui alla scadenza di cui sopra sia maturato il diritto a ricevere corrispettivi dall’impresa appaltatrice e questa o le imprese subappaltatrici non abbiano ottemperato all’obbligo di trasmettere al committente le deleghe di pagamento e le informazioni relative ai lavoratori impiegati, ovvero qualora dalla documentazione trasmessa risulti l’omesso o insufficiente versamento delle ritenute fiscali rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa, il committente deve sospendere, finché perdura l’inadempimento, il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice sino a concorrenza del 20% del valore complessivo dell’opera o del servizio ovvero per un importo pari all’ammontare delle ritenute non versate rispetto ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa, dandone comunicazione entro novanta giorni all’Agenzia delle Entrate.
In caso di inottemperanza, il committente è obbligato al pagamento di una somma pari alla sanzione irrogata all’impresa appaltatrice o subappaltatrice.
Quanto alla decorrenza dell’obbligo, l’Amministrazione Finanziaria ha precisato che la previsione normativa troverà applicazione con riferimento alle ritenute operate a decorrere dal mese di gennaio 2020 (e, quindi, relativamente ai versamenti eseguiti nel mese di febbraio 2020), anche con riguardo ai contratti di appalto, affidamento o subappalto stipulati in un momento antecedente al 1° gennaio 2020.
Per il momento, invece, non sono applicabili le disposizioni in materia di reverse charge dell’imposta sul valore aggiunto (IVA), già contenute nell’originario decreto legge, la cui efficacia è subordinata al rilascio di una preventiva autorizzazione da parte del Consiglio dell’Unione Europea.
Download Contratti d’appalto_disciplina del reverse charge