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Contratti a tempo determinato e omnicomprensività dell’indennità risarcitoria

12 Ottobre 2012

Nella recente sentenza del 7 settembre 2012, n. 14996, la Corte di Cassazione si è pronunciata in tema di indennità risarcitoria di cui all’art. 32 del Collegato Lavoro, anche alla luce delle nuove disposizioni introdotte dalla Riforma Fornero.
E’ bene, innanzitutto, rammentare che l’art. 32 L. n. 183/10 prevede che il lavoratore illegittimamente assunto a tempo determinato abbia diritto – in caso di conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato – ad un risarcimento del danno che va dalle 2,5 alle 12 mensilità, parametrato in base ai criteri di cui all’art. 8 l. n. 604/66, ovverosia anzianità di servizio del prestatore di lavoro, numero dei dipendenti occupati, dimensioni dell’impresa, comportamento e condizioni delle parti.
Il dubbio interpretativo era, dunque, relativo alle voci che dovevano ritenersi ricomprese nel risarcimento previsto dalla suddetta norma.
La Corte di Cassazione, partendo dai punti fermi già posti dalla giurisprudenza di legittimità e da quella costituzionale, ha chiarito che l’indennità di cui all’art. 32 del Collegato lavoro è un risarcimento “forfetizzato” e “omnicomprensivo”, ossia una sorta di penale stabilita dalla legge in caso di conversione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato, determinata nella sua entità dal giudice, attraverso il ricorso ai criteri di cui alla l. n. 604/66, che consentono di calibrare l’importo dell’indennità stessa in relazione alla particolarità di ciascuna vicenda.
Nel confermare che l’indennizzo di cui all’art. 32 copre il periodo intermedio, ossia quello che corre dalla cessazione del contratto a termine illegittimo sino alla conversione del rapporto di lavoro a seguito della pronuncia del giudice (in quanto da tale momento il datore di lavoro ha l’obbligo di riassumere il lavoratore in servizio e di corrispondergli la relativa retribuzione) la Corte ritiene che nel risarcimento riconosciuto a forfait siano ricompresi gli scatti di anzianità (che non dovranno essere corrisposti ulteriormente), il danno contributivo per i periodi non lavorati (ossia per quei periodi tra un contratto e l’altro non retribuiti e, dunque, non coperti da contribuzione) nonché tutti gli altri danni causati dalla nullità del termine.
Riprendendo la consolidata giurisprudenza di legittimità che esclude che la conversione di più contratti a termine in un unico contratto a tempo indeterminato comporti il diritto alla retribuzione per l’intero periodo, compresi gli intervalli in cui non vi è stata prestazione di lavoro (cfr. Cass. Sez. Un. 5 marzo 1991 n. 2334; 21 dicembre 1998 n. 12752; 8 dicembre 2002 n. 14381; Cass. SU N. 14381/2002; Cass. 15331/2004), la Corte ha altresì precisato che gli intervalli non lavorati non sono computabili come periodi di servizio ai fini del calcolo dell’indennità di anzianità, ma sono compensati dall’unificazione ex post del rapporto di lavoro e, dunque, dall’indennità risarcitoria.
A ciò si aggiunga che l’indennità risarcitoria forfetizzata, proprio in quanto tale, non ammette la detrazione del c.d. aliunde perceptum, ossia delle somme che il lavoratore ha eventualmente percepito presso altri committenti o datori di lavoro durante gli intervalli non lavorati o dopo la cessazione dell’ultimo contratto a termine.
E’ importante rilevare che le conclusioni a cui giunge la Corte di Cassazione nella suddetta sentenza sono altresì frutto di una lettura sistematica dell’art. 1, comma 13, L. n. 92/2012, cd. Riforma Fornero (che la corte di Cassazione ritiene applicabile ai giudizi già instaurati alla sua entrata in vigore, in quanto ius superveniens), secondo cui l’art. 32, comma 5, della  legge n. 183/10, “si interpreta nel senso che l’indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro”.

 

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