17 Novembre 2017
Con una recente sentenza (Cass. 23408/17), la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi su una materia spinosa e che dà sovente luogo a contenziosi giudiziari, vale a dire il diritto del lavoratore – al quale sia stata contestata una mancanza disciplinarmente rilevante – di avere contezza sin da subito della documentazione sulla quale gli addebiti si fondano, al fine di un migliore esercizio del proprio diritto di difesa.
Nel caso di specie, un dipendente – licenziato per concorrenza sleale nei confronti della propria azienda – si doleva che non gli fosse stato consentito, in sede di audizione personale, l’esame dei documenti (costituiti da e-mail asseritamente da lui stesso inviate a terzi) sui quali poggiava la contestazione, atteso che il datore di lavoro aveva provveduto a depositare detta documentazione solo in sede di costituzione nel giudizio promosso avverso il licenziamento, in tal modo impedendogli di formulare qualsivoglia considerazione in ordine alla stessa, con evidente pregiudizio del proprio diritto di difesa.
I giudici di merito via via aditi respingevano le doglianze del lavoratore, che pertanto ricorreva alla Suprema Corte per ottenere la cassazione della sentenza emessa dalla Corte di Appello.
E, tuttavia, gli Ermellini danno torto al dipendente, confermando la correttezza della pronuncia emessa dalla corte territoriale.
In particolare, i Supremi Giudici – dopo aver richiamato propri precedenti sul punto – affermano che il datore di lavoro, nell’ambito del procedimento disciplinare, ha solo l’onere di formulare la contestazione in modo completo e tale da consentire al lavoratore di avere contezza dei fatti addebitati e non anche quello di mettere a disposizione del dipendente la documentazione relativa ai fatti contestati, fermo restando ovviamente il diritto di quest’ultimo di chiederne l’esibizione nell’eventuale giudizio promosso avverso la sanzione ricevuta.
Gli Ermellini, inoltre – consapevoli delle divagazioni sul tema ad opera dello stesso Supremo Collegio nel corso del tempo – precisano che, ove pure sussista, in forza dei principi di correttezza e buona fede nell’esecuzione del contratto, un dovere datoriale di porre a disposizione del lavoratore, nel corso del procedimento disciplinare, la documentazione su cui si fonda la contestazione, ciò tuttavia vale solo nei limiti in cui vi sia un’espressa (e tempestiva) richiesta in tal senso da parte del lavoratore e l’esame di detta documentazione sia effettivamente necessario all’esercizio del diritto di difesa. Circostanze, queste, che nel caso di specie non ricorrevano.
Da tale pronuncia, pertanto, si può ora, con più convinzione rispetto al passato, affermare che il datore di lavoro – una volta che abbia articolato in modo puntuale ed esauriente la contestazione disciplinare nei confronti del dipendente – può sottrarsi alla richiesta di quest’ultimo volta ad esaminare il contenuto di documenti sui quali la contestazione medesima si fonda.