4 Gennaio 2013
Si segnala una recente sentenza della Corte di Cassazione del 18 maggio 2012, n. 7863 in cui è stata affermata l’illegittimità del licenziamento per giusta causa di un dipendente irrogato per assenza ingiustificata dal lavoro, il quale – dopo aver comunicato a mezzo mail ai responsabili aziendali di voler fruire di un periodo di ferie – si era assentato per alcuni giorni, nonostante non avesse ricevuto alcuna specifica autorizzazione per iscritto.
In particolare, nel caso di specie, il lavoratore aveva inviato all’ufficio del personale e al Presidente della Società una comunicazione via mail in cui chiedeva di voler fruire di un periodo di ferie in un determinato arco di tempo.
Non ricevendo alcun riscontro alla suddetta richiesta, il lavoratore si assentava sul presupposto che il mancato riscontro equivalesse a “silenzio assenso” da parte della società.
Al ritorno dalle ferie, la società avviava il procedimento disciplinare, culminato con il licenziamento per giusta causa, contestando al dipendente che le giornate di ferie sarebbero da ritenersi ingiustificate atteso che egli prima di assentarsi avrebbe dovuto attendere espressa autorizzazione scritta da parte dei responsabili.
I giudici di merito, basandosi sulle prove documentali (precedenti richieste di altri lavoratori rimaste inevase ma a cui non avevano fatto seguito procedimenti disciplinari) e testimoniali (dichiarazioni di colleghi che hanno confermato di aver sempre chiesto le ferie via mail e di non aver mai atteso una risposta da parte dell’amministrazione) avevano ritenuto provata l’esistenza di una prassi secondo cui l’autorizzazione veniva sostanzialmente concessa in forma tacita, occorrendo soltanto che il dipendente comunicasse il periodo di ferie a mezzo posta elettronica al presidente e ad al responsabile dell’ufficio del personale.
Il dipendente, pertanto, secondo i giudici di merito – tesi confermata anche dalla Corte di Cassazione – aveva agito sulla base di un legittimo affidamento che le ferie erano state concesse dal capo dell’ufficio del personale e dal presidente, non avendo questi ultimi opposto nulla nel periodo che andava dall’invio della mail all’inizio della fruizione delle ferie (26 settembre 2005 – 5 ottobre 2005).
Pertanto, la Suprema Corte – a conferma delle sentenze di merito – riscontrando che un simile comportamento rientrava nella consuetudine aziendale per la richiesta delle ferie, respingeva il ricorso per Cassazione proposto dall’azienda confermando l’illegittimità del licenziamento irrogato al dipendente.
In definitiva, dalla pronuncia di cui sopra, si può trarre il principio secondo cui la sussistenza di un uso aziendale di tacita concessione delle ferie può desumersi da reiterati comportamenti dal datore di lavoro consistenti nel non dare riscontro ai dipendenti circa la richiesta delle ferie; pertanto, sussistendo tale uso, il lavoratore sarà legittimato a fruire del periodo di ferie richiesti, potendo legittimamente presumere la sussistenza del consenso datoriale.