10 Novembre 2015
La pronuncia della Corte di Cassazione del 7 agosto 2015, n. 16592, alla quale è stato dato ampio rilievo mediatico, ha suscitato alcune preoccupazioni in ambito datoriale, in quanto sembrerebbe escludere tout court la possibilità di imporre ai lavoratori prestazioni lavorative nelle giornate infrasettimanali in cui cada una festività civile o religiosa.
Nella sentenza in commento, la Suprema Corte ha infatti precisato che “ai lavoratori deve essere riconosciuto il diritto soggettivo, derogabile solo per accordo tra le parti, di astenersi dal lavoro in occasione delle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose, non potendosi applicare in via analogica la normativa relativa al riposo settimanale”.
In realtà, un simile principio di diritto non costituisce affatto una novità, atteso che già dieci anni fa la Corte (nella sentenza n. 16634/2005) – con motivazioni sostanzialmente sovrapponibili a quelle riportate nella recente pronuncia di agosto 2015 – aveva ritenuto preclusa al datore di lavoro la possibilità di imporre lo svolgimento della prestazione lavorativa durante le festività civili e religiose.
Secondo la ricostruzione operata dai giudici di legittimità, la l. n. 260/49 (come modificata dalla l. n. 90/54) riconoscerebbe ai lavoratori un “diritto soggettivo” ad astenersi dal lavoro nelle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze civili o religiose (cfr. Cass. n. 4435/04; Cass. 9176/97), diritto che non potrebbe essere superato unilateralmente dal datore di lavoro, essendo a tal fine necessario il consenso (rectius, la rinuncia) da parte del dipendente.
Quanto alla possibilità di adottare per le festività infrasettimanali i principi vigenti per il riposo settimanale (che, di norma, dovrebbe coincidere con la domenica, ma per il quale sono ammesse deroghe in base all’organizzazione del lavoro adottata dal datore), la Suprema Corte ha evidenziato come non sia possibile nel caso di specie un’applicazione analogica, atteso che la normativa delle festività non solo non presenta lacune che debbano essere colmate attingendo a disposizioni relative ad altri istituti, ma è successiva a quella relativa al riposo settimanale e domenicale (l. n. 370/34), per cui se il legislatore avesse voluto consentire eccezioni (come avvenuto per il riposo domenicale) avrebbe potuto e dovuto richiamare la relativa normativa.
Per quanto sopra, la Corte ha ribadito il principio per cui lo svolgimento di attività lavorativa in giornate festive (diverse dalla domenica) possa avvenire solo ove vi sia il consenso del lavoratore (che, dunque, potrà legittimamente rifiutarsi, senza essere soggetto a sanzioni disciplinari).
Tale regola generale non è, tuttavia, applicabile al personale che operi (a qualsiasi livello) in strutture sanitarie pubbliche o private, in quanto per tali lavoratori vige una espressa deroga legislativa.
La l. n. 520/52 prevede, infatti, che sebbene anche “a tutto il personale di qualsiasi categoria alle dipendenze delle istituzioni sanitarie pubbliche e private compete il riposo nelle feste infrasettimanali … il personale che per ragioni inerenti all’esercizio deve tuttavia prestare la propria opera nelle suddette giornate, ha diritto ad un corrispondente riposo da godere, compatibilmente con le esigenze di servizio, entro trenta giorni dalla data della festa infrasettimanale non fruita. Nel caso che l’esigenza del servizio non permetta tale riposo, le Amministrazioni sono tenute al pagamento doppio della giornata festiva”.
Pertanto, le strutture sanitarie potranno continuare a programmare (unilateralmente) l’attività anche nelle giornate in cui cadano festività civili o religiose, senza necessità di acquisire il consenso dei dipendenti e senza che questi ultimi possano rifiutare di rendere la prestazione.
Al proposito, si deve evidenziare che l’accordo richiesto dalla giurisprudenza al fine di derogare al riposo nelle giornate in cui cada una festività infrasettimanale può essere raggiunto non solo a livello individuale (con il singolo lavoratore), ma anche attraverso una specifica previsione del ccnl.
Secondo la Suprema Corte, al fine di ritenere i lavoratori vincolati a prestare attività nelle giornate festive, non è tuttavia sufficiente che la contrattazione collettiva riporti la disciplina del trattamento economico spettante ai dipendenti chiamati a lavorare in tali giornate, ma è necessario che le parti prevedano espressamente l’obbligo degli stessi di prestare attività nelle citate festività (attraverso disposizioni analoghe a quelle rinvenibili nei contratti collettivi della sanità privata, in cui si fa espresso riferimento alla possibilità che, per ragioni di servizio, i lavoratori debbano prestare attività in tali giornate).
Infine, si segnala – altresì – che esiste la possibilità di integrare (e/o derogare) la disciplina normativa delle festività civili e religiose anche a livello aziendale, attraverso la sottoscrizione di appositi accordi cd. di prossimità, ai sensi dell’art. 8 del d.l. n. 138/2011 (conv. in l. n. 148/2011).
Tale norma consente, infatti, la sottoscrizione di contratti di secondo livello che, anche in deroga alla legge ed alla contrattazione collettiva, possono intervenire (tra le altre materie) anche sulla disciplina generale dell’orario di lavoro (in cui si può far rientrare, latu sensu, anche quella del riposo nelle giornate festive), al fine di realizzare incrementi di produttività.