“Punizione dei ribelli” dipinto murale realizzato tra il 1481 e il 1482 dal pittore italiano Sandro Botticelli conservato nella Cappella Sistina
Di sovente accade che, nel redigere una contestazione disciplinare per un dipendente, il datore di lavoro si interroghi sulla necessità di indicare anche tutte le ulteriori mancanze dal medesimo in precedenza compiute, al fine di dare prova della intervenuta irrimediabile lesione del vincolo fiduciario e giungere così al licenziamento.
Al fine di dare risposta a tale interrogativo soccorre l’insegnamento della Suprema Corte, che da ultimo è intervenuta sull’argomento con la recente sentenza n. 30564/2018.
Nel caso di specie, in estrema sintesi, un operaio metallizzatore era stato licenziato per aver utilizzato una vernice errata, condotta che secondo il datore di lavoro – unitamente ai suoi precedenti disciplinari – faceva venire meno il vincolo fiduciario.
Il lavoratore ricorreva avverso il recesso, lamentando che nella lettera di addebito non erano stati puntualmente contestati i precedenti disciplinari che, unitamente all’ultima condotta, erano posti a base del licenziamento.
I giudici del merito, tuttavia, confermavano il provvedimento espulsivo, affermando che nel caso di specie i precedenti disciplinari di cui alla lettera di licenziamento non rappresentavano elemento costitutivo della fattispecie, bensì solo elementi ulteriori utili a valutare la proporzione della sanzione adottata.
La Suprema Corte, da parte sua, conferma la decisione della Corte territoriale, precisando – conformemente ai suoi precedenti in tema – che non è necessaria la previa contestazione anche dei precedenti disciplinari quando la recidiva venga in rilievo non quale elemento costitutivo del complessivo addebito formulato, ma quale mero precedente negativo della condotta, rilevante ai fini della determinazione della sanzione proporzionata da irrogare per l’infrazione disciplinare commessa.
In forza di quanto sopra, quindi, in sede di contestazione disciplinare occorrerà verificare con attenzione se la recidiva costituisca elemento necessario ai fini dell’irrogazione della sanzione. In quest’ultimo caso, infatti, essa andrà autonomamente contestata, non integrandosi altrimenti l’addebito disciplinare.
È il caso, ad esempio, dei contratti della Sanità privata, nei quali vi è una specifica causa di risoluzione del contratto per giusta causa individuata proprio dal comportamento recidivo del dipendente.
Affinché venga integrata tale ipotesi, appare evidente la necessità – in sede di contestazione disciplinare – di indicare tutte le mancanze che, ai sensi del ccnl, determinano il sorgere della recidiva contrattuale, pena l’incompletezza della contestazione e, quindi, l’illegittimità della medesima.
Diversamente, ove i precedenti disciplinari costituiscano solo elemento utile a connotare negativamente il passato comportamento lavorativo del dipendente, essi potranno non essere oggetto di specifica contestazione, potendo il datore di lavoro limitarsi ad un loro generico richiamo nella contestazione disciplinare o nel provvedimento espulsivo.
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