“Punizione dei ribelli” dipinto murale realizzato tra il 1481 e il 1482 dal pittore italiano Sandro Botticelli conservato nella Cappella Sistina
Il 15 maggio è stato convertito in legge – con modifiche – il d.l. 34/14.
Indichiamo di seguito le modifiche apportate, rinviando ai prossimi giorni un approfondimento sulla portata delle medesime e sulla capacità del testo definitivo di porre rimedio alle criticità evidenziate nella nota di questo sito del 4 aprile u.s.
Per prima cosa, in sede di conversione si è previsto che il limite massimo del 20% di rapporti a termine, già indicato nel decreto legge, deve intendersi riferito ai soli contratti a tempo determinato (con esclusione pertanto dei rapporti di somministrazione), precisandosi pure che la percentuale va computata sui lavoratori a tempo indeterminato in forza all’1 gennaio dell’anno di assunzione.
La violazione del limite percentuale determinerà l’applicazione di sanzioni pari:
– al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non sia superiore a uno;
– al 50%, se il numero degli assunti in violazione del limite è superiore a uno.
In tema di sanzioni, è stato espressamente previsto che esse non si applicano per i rapporti di lavoro instaurati precedentemente all’entrata in vigore del decreto legge che comportino il superamento del limite massimo in questione.
In sede di conversione, inoltre, è stato previsto che non si applica il limite del 20% ai contratti a termine stipulati tra istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere in via esclusiva attività di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa. Ancora, si dispone che i contratti di lavoro a termine che abbiano ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono.
La possibilità di prorogare il contratto a termine – originariamente prevista fino ad un massimi di otto volte – è stata ora ridotta nel limite di cinque volte nell’arco dei complessivi 36 mesi, indipendentemente dal numero dei rinnovi.
È stato, inoltre, previsto – in tema di diritto di precedenza, che dovrà essere espressamente richiamato in contratto – che il congedo di maternità goduto dalla lavoratrice nell’ambito di un contratto a termine presso la stessa azienda concorre a determinare il periodo utile ai fini del diritto di precedenza nelle assunzioni a tempo indeterminato effettuate nei successivi 12 mesi, aggiungendo inoltre un ulteriore diritto di precedenza in favore di tali soggetti anche per le assunzioni a tempo determinato che dovessero essere operate nel medesimo periodo di tempo, beninteso per lo svolgimento di mansioni già espletate in esecuzione dei precedenti rapporti a termine.
Di interesse, inoltre, le disposizioni transitorie, nelle quali si dispone che:
– le norme in esame si applicano ai rapporti di lavoro costituiti a decorrere dall’entrata in vigore del decreto legge, con salvezza degli effetti dal medesimo già prodotti, e con esclusione pertanto dei rapporti sorti precedentemente, con ogni conseguenza per esempio in termini di impossibilità per i vecchi contratti di essere prorogati più volte;
– in sede di prima applicazione del limite del 20% conservano efficacia, ove diversi, i limiti percentuali già stabiliti dai vigenti ccnl;
– il datore di lavoro che alla data di entrata in vigore del decreto abbia in corso rapporti a termine in misura superiore al 20%, è tenuto a rientrare entro tale tetto entro il 31 dicembre 2014, salvo che la contrattazione collettiva applicabile nell’azienda disponga un limite percentuale o un termine più favorevole. Diversamente, dall’1 gennaio 2015 non potrà stipulare altri contratti a termine sino a quando non rientri nel limite massimo del 20%.
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